La vita di tutti i giorni può essere molto problematica per chi è affetto da problemi di perdita di memoria a breve termine. Una nuova ricerca rivela però che i ricordi solo raramente vengono completamente rimossi, grazie al loro spostamento nel subconscio. Una memoria funzionante è fondamentale ai fini del comportamento umano e per prendere decisioni critiche. In assenza della capacità di mantenere le informazioni e nell’impossibilità di potervi accedere con facilità, l’espletamento delle funzioni cognitive di base diverrebbe estremamente difficile.
Per lungo tempo gli scienziati hanno ritenuto che, per rendere possibile il funzionamento della cosiddetta “memoria di lavoro” (parte della memoria a breve termine deputata all’immagazzinamento e alla prima gestione delle informazioni), una continua attività dei neuroni legati alla memoria fosse necessaria. Ma una nuova ricerca neuroscientifica pubblicata su Science rivela che la memoria di lavoro può essere posta in stato “dormiente” per essere successivamente riattivata quando necessario. Prende dunque corpo un meccanismo di cui fino ad ora si ignorava l’esistenza.
Un team di neuroscienziati guidato da Nathan Rose dell’Università di Notre Dame ha sottoposto alcuni volontari ad una serie di stimoli visivi o uditivi, segnalando uno di essi come “particolarmente importante da ricordare” e monitorando la loro attività cerebrale. Man mano che le immagini continuavano a scorrere, i ricercatori hanno notato che l’attività neurale legata alla visione dell’immagine segnalata come importante è andata scemando, fino a sparire, come se il ricordo legato a tale stimolo fosse stato del tutto dimenticato dai volontari.
Una lieve stimolazione magnetica transcranica – tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica – è stata però sufficiente per riportare alla vita il ricordo apparentemente rimosso, ripristinando l’attività neurale ad esso legata. Ciò significa che nonostante i volontari avessero temporaneamente dimenticato il ricordo associato a tale stimolo, il cervello è stato in grado di archiviarlo per un uso successivo. Anziché mantenere costantemente attiva la memoria di lavoro, il cervello si comporta dunque in maniera diversa, rallentando l’attività neurale per alcuni ricordi anziché staccare completamente la spina.
Lo studio ha dimostra che la memoria a breve termine è molto più complessa e dinamica di quanto si pensasse; si spera che la ricerca sia in grado di proseguire gli studi e approfondire la conoscenza delle dinamiche relative alla memoria, portando allo sviluppo di nuovi e più efficienti trattamenti per i pazienti affetti da problemi di ordine cognitivo .
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